L'Associazione ha carattere volontario e non ha scopi di lucro ed intende
mantenersi con i contributi dei soci, di enti pubblici e privati e
di chiunque sia interessato alla promozione dell’attivitĂ
dell’Associazione stessa, nonché con i proventi della
vendita del materiale edito a cura dell’Associazione stessa.
L’Associazione ha per scopo in Italia e all’estero la
realizzazione e la promozione di studi chirurgici e non, in particolare
in oncologia colo-rettale, finalizzati alla cura dei tumori nel rispetto
della qualità di vita dell’uomo.
Per il raggiungimento del proprio scopo l’Associazione può
intraprendere tutte le iniziative ritenute utili od opportune da parte
dell’Assemblea, quali, in via esemplicativa e non tassativa,
la promozione e l’organizzazione dei corsi di istruzione chirurgica, di convegni, congressi, giornate di studio, seminari e
dibattiti, nonché tutte le attività ad esse connesse,
l’effettuazione di attività editoriali con l’esclusione
della pubblicazione dei giornali.
In questi anni, i risultati conseguiti dalla chirurgia curativa ma
conservativa della funzione e quindi rispettosa della qualitĂ
della vita del paziente, hanno permesso di realizzare sei simposi
internazionali sulla chirurgia conservativa per i tumori del retto.
L'ultimo, il 6° Simposio Internazionale, svoltosi nel Novembre 2004, ha visto presenti oltre mille chirurghi con relatori provenienti da tutto il mondo, ed ha trattato temi scelti dall'Assemblea dei Chirurghi.
L’A.R.E.C.O. nasce sia per rendere istituzionale e orgogliosamente
nazionale tale iniziativa, unica nella sua specificitĂ , sia
per istituire una Scuola-Master di Chirurgia, che possa formare e
far confrontare chirurghi italiani e non, direttamente sul campo dell’esecuzione
di tali pratiche chirurgiche.
Tutto ciò per poter raggiungere nel terzo millennio, la tanto
desiderata riduzione se non la scomparsa degli interventi demolitivi
per i tumori del retto.
L’obbiettivo, così ambizioso per la sua importanza, richiede
la massima partecipazione ed il consenso di tutti, perché possa
vincere per primo l’ammalato sulla malattia, e poi la società ,
che potrà riavere tra sé persone curate, non frustrate
e pronte a riprendere il loro ruolo socio-affettivo che meritano di
riconquistare.
